PHANTOM BROADCAST
JOHN DUNCAN
CD
Dura: 47 minuti
Allquestions

"Best record of 2002." Jim Haynes, The Wire January 2003


Undead Air
La musica sperimentale di John Duncan: un'oasi di disturbi

L'orecchio sa come smarrirsi -- Michel Serres

L'orecchio partecipa alla sua distrazione, è distratto dalla sua attenzione. Errando tra il lontano luccichio di asprezze e aspersioni sonore, cerca disperatamente un porto d'approdo, per quanto poco familiare, solo per scoprire che tanto più stabili questi punti di riferimento appaiono, tanto più finiscono per essere degli ostacoli, delle interferenze al desiderio di ciò che sta più in là delle loro sponde, senza ormeggi, al largo. Un indicibile brivido nel perdere il contatto, risucchiati nel gonfiarsi e sollevarsi di onde intorbidite, attirati da voci mezzo annegate e estranee tempeste. Questi sono i piaceri dell'ascoltare (o del "suonare") le bande a onde corte. E tuttavia allo stesso tempo c'è la tormentosa sensazione di essere costretti a abbandonare ogni fugace cittadella del senso, già sotto assedio e sgretolata ai suoi margini, di spostarsi oltre come rifugiati dell'ascolto, e che ciò che appariva essere desiderio non era niente più che un abile rovesciamento di una perdita imminente. Il tempo nel suo nutrirsi di se stesso.

Una volta entrati nel puntino, si accede all'informazione nascosta, si scivola all'interno dell'evento minimo. Questo riesce a fare la tecnologia. Sbuccia le ombre e redime la confusione e l'incoerenza del passato. Fa avverare la realtà.

Nel suo romanzo Underworld Don DeLillo definisce ciò che è divenuto una caratteristica predominante della pratica artistica contemporanea: priva di un significativo orizzonte-evento, sembra essersi volta a una metafisica del reale, cercando 'l'anima' dei fenomeni non più in qualche platonico aldilà ma nelle stesse pieghe e fenditure delle loro proteiformi (im)materialità. In un lavoro recente, Phantom Broadcast, una tra le opere ha composto usando trasmissioni a onde corte, l'artista del suono John Duncan ha campionato una singola trasmissione di un segnale di servizio che ha poi sottoposto a una serie di processi digitali alterandone la struttura fisica, riconfigurando così la fonte originale e trasformandola in un 'campo sonoro' di proiezioni virtuali e voci spettrali che si muovono impercettibilmente: un al di fuori interno. Dall'insistente clamore come di campane dell'inizio, Phantom Broadcast prosegue con una serie di 'rinascite' fenomenologiche, in cui ogni successiva modulazione della forma è già concepita nel grembo del suo momentaneo presente. Le campane metalliche si diffondono in una distante e spaesata caligine corale, che dopo diversi minuti è travolta da un glissando simile a un motore di aereo; questo a un'analisi più accurata risulta essere una voce umana anamorficamente dilatata che pronuncia una frase indecifrabile (il solo corpo 'esterno' dell'opera). Durante tutti i 47 minuti di durata del disco, una singola, scintillante ed estatica nota sembra essere tenuta sospesa nel tempo, sospendendolo a sua volta, e producendo una tensione irrisolta tra flusso e stasi, identità e molteplicità. Bizzarro a dirsi, non importa a quale volume lo si ascolti ma Phantom Broadcast appare costantemente ritrarsi dall'ascolto come un'allucinazione uditiva, una nuvola priva di contorni trascinata provocatoriamente fuori dalla nostra portata, persa nelle sue stesse interne lontananze. «La nostra natura consiste nel movimento», dice Pascal, «la quiete assoluta è morte». L'opera di Duncan va oltre questa dialettica per suggerire un senso più sottile e involutivo di essere nel tempo: un'oasi di disturbi.

L'artista americano John Duncan si è formato sui metodi shock dell'Azionismo Viennese, prima di venire assorbito interamente dall'esplorazione delle proprietà sonore di fenomeni che vanno dagli acceleratori di particelle alle correnti delle maree suboceaniche e agli stati psichici che queste generano. Phantom Broadcast, Trasmissione Fantasma, il più recente dei lavori di Duncan che fa uso di radio a onde corte, trasforma una registrazione di una trasmissione di servizio svedese, in una proteiforme opera 'corale' di minimalismo tonale che indugia intorno al MI maggiore prima di modulare impercettibilmente verso un SI maggiore, un processo ripetuto diverse volte nel corso dei 47 minuti di durata del pezzo.
Graeme Thomson, Cluster


Dopo gli album realizzati in collaborazione con Francisco López e con l'ensemble strumentale degli Zeitkratzer, John Duncan torna a lavorare da solo e ad esplorare quella che è sempre stata la sua fonte sonora privilegiata, le onde corte. PHANTOM BROADCAST trasmissione fantasma: non sappiamo quale fosse la finalità reale della trasmissione radio intercettata da Duncan il 18 aprile 2002 nel corso di un'unica registrazione che ha dato vita a questo lavoro: ne rimangono le ombre, che assumono l'aspetto di campane risonanti all'infinito a cui si aggiungono riverberi e parvenze di cori che aleggiano nel vuoto. A tratti sembra di ascoltare il fantasma di una composizione corale, una costruzione complessa e preclusa ai nostri sensi, di cui ci è dato di assaporare soltanto il riflesso che a turno si assottiglia e acquista spessore, quasi respira. Colpisce la capacità di Duncan di accumulare tensione ed energia senza passaggi drammatici o risolutivi; potremmo leggere PHANTOM BROADCAST come paradossale estensione infinita di un solo momento di climax, perché del climax ha in sé la forza e l'incisività, pur snodandosi in una serie infinita di declinazioni e minime variazioni tonali. L'utilizzo di suoni trouvé (il riferimento al Surrealismo è dato dallo stesso Duncan, che paragona questo lavoro al procedimento della scrittura automatica) sembra esortarci ad esplorare ciò che ci passa accanto invece di ignorarlo e con delicatezza estrema riesce a scoprire le pieghe di un suono cangiante. (7)
Daniela Cascella, Blow Up Gennaio 2003