JOHN DUNCAN

Flash Art: Intervista con John Duncan

–Marco Altavilla, Flash Art (numero 241, agosto-settembre 2003)


Tra le massime espressioni della sound art, la ricerca di John Duncan da oltre vent’anni verifica i limiti psicofisici dell’individuo spaziando dalla performance alle installazioni sonore, sino alla pubblicazione di Cd. La sua attività inizia nella seconda metà degli anni Settanta come body artista negli Stati Uniti, per poi trasferirsi nel 1982 in Giappone e successivamente in Olanda e in Italia dove attualmente vive e lavora. Di recente ha presentato una grande installazione sonora alla Biennale di Goteborg curata da C.M. von Hausswolff, con il quale esporrà presso la galleria Nicola Fornello di Prato dal 13 settembre al 26 ottobre. La mostra, curata da Daniela Cascella, presenterà due installazioni: SEE di John Duncan e Thinner Bar and Glue Lounge di C.M. von Hausswolff.

Mi parli della tua formazione negli anni Settanta con Allan Kaprow e delle collaborazioni con Paul McCarthy?

Allan Kaprow era il mio mentore alla CalArts all’inizio degli anni Settanta, l’unico docente propenso alla sperimentazione di nuove forme d’arte al di fuori della pittura. Paul McCarthy ed io ci siamo incontrati nel 1974 e poco dopo abbiamo instaurato un intenso rapporto telefonico. Dal 1976 al 1979 abbiamo prodotto CLOSE RADIO, programma radiofonica live, che trasmetteva una volta alla settimana sulla KPFK. Sebbene fosso gestito da artisti e persone che avevano scarsa esperienza a riguardo, riusciva a catturare l’attenzione di ventimila ascoltatori.

La componente sonora è sempre stata presente nei tuoi lavori, inizialmente con un legame più esplicito con la Body Art.

Il suono è un mezzo diretto che permette di entrare in contatto con i propri limiti psicofisici. Grazie al suono ho trasferito alla sfera uditiva la ricerca svolta sul responso emotivo al colore, inteso come frequenza di luce. È stato per me naturale organizzare il suono in musica, prestare attenzione agli effetti esercitati sull’attività mentale e utilizzarlo per manipolare la mia psiche e quella dell’ascoltatore. Importante è stato anche l’uso di strumenti che producono suoni non riconoscibili, la cui pratica richiede poche conoscenze techniche. Da subito mi sono interessato alle onde corte generate dalla radio che innescano un approccio passivo e si basano su segnali distorti o prodotti da forze ben lontane dal controllo umano.

Nel corso degli anni hai pubblicato diversi Cd e realizzato installazioni sonore. Quali sono state le maggiori influenze musicale nel tuo lavoro?

Le cassette autoprodotte dai primi gruppi hardcore punk e la discografia della LAFMS mi hanno ispirato enormamente. Mi hanno anche aiutato a decidere di registrare i rumori, di autoprodurmi e di definire un’estetica, non preocupandomi delle vendite e della difficoltà di classificare la mia musica in un preciso genere. Negli anni le influenze sono state molte, ma quella più importante è stata la mia recente visita alla Piramide di Cheope. L’atmosfera e il suono racchiusi in essa hanno seriamente cambiato la mia idea di musica, e specialmente il concetto di durata fissa.

Quest’anno hai partecipato alla Biennale di Goteborg, tutt’ora in corso e organizzato da C.M. von Hausswolff. Mi parli della grande installazione che hai realizzato?

L’installazione THE KEENING TOWERS, collocata sul terrazzo del Museo d’Arte di Goteborg, è composta da suoni e rumori eseguiti da un coro di trenta studenti della elementari diretto da me. Due antenne d’acciaio galvanizzate alte circa venticinque metri, ognuna dotata di un impianto di diffusione stereofonica, sono posizionate di fronte alla facciata principale del museo sulla quale il suono rimbalza e raggiunge gli ascoltatori. L’audio, subdiviso in due parti separate (una per ogni asta), si combina in modo casuale evitando qualsiasi ripetizione. THE KEENING TOWERS sono attive ventiquattro ore al giorno, sette giorni alla settimana, per l’intera durata della Biennale.

Con C.M. von Hausswolff esporrai in settembre alla galleria Nicola Fornello di Prato. Che progetto intendi presentare?

Stiamo creando delle installazioni che deliberatamente si sovrapongano e si rinforzino l’una con l’altra. I progetti di Hausswolff, The Thinner Bar e Glue Lounge sono rispettitivamente un bar dove gli spettatori possono annusare solventi, e un salotto dove, da sedutti, possono sniffare colla. Il mio progetto si chiama SEE. In esso immagini spezzettate e ingrandite di un video per adulti, che ho diretto a Tokyo, vengono proiettate sui muri e sul soffito della galleria. Alla colonna sonora, scelta accuratamente, si sovrappone una voce distorta che bisbiglia agli spettatori suggerimenti in giapponese.

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